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L’epopea della famiglia scaturchio e dei suoi dolci irresistibili

Storia d’amore e delizia in via Portamedina 22, dove Armando Scaturchio, titolare dell’omonima pasticceria tra le più celebri a Napoli, è custode di un’intera generazione di maestri dolciari e dei loro racconti.

Racconti di un tempo che fu, tramandate negli anni tra panna, zucchero e passione. “Era il 1903 – comincia Scaturchio – quando i miei avi, Pasquale e Giovanni, che lavoravano già in pasticceria, decisero di trasferirsi da un piccolo paesello della Calabria a Napoli, dove aprirono un punto vendita. All’epoca c’erano gli Americani che, con la loro flotta, rendevano il mercato fiorente. In quello stesso periodo poi, accadde che entrambi si innamorarono”.

Non furono solo i dessert ad addolcire il cuore dei due fratelli, ma soprattutto l’amore: l’uno preso da una bellissima ballerina napoletana, l’altro da una donna danese, anch’essa esperta di pasticceria. “Aprirono per prima questa sede di Montesanto, poi si divisero – prosegue Scaturchio – Giovanni ebbe più fortuna, anche grazie alla moglie straniera che gli insegnò la preparazione del danubio e dei krapfen, che il mio bisnonno “napoletanizzò” dandogli una sua personale interpretazione”.

Un estro che passa al setaccio e rivede vecchie ricette come quella del babà, da cui viene eliminato lo zafferano, i canditi e l’uva passa, per arrivare alla morbida spugna che oggi tutti conoscono, oppure come quella della sfogliatella, resa più soffice e morbida, e sorprende con nuove invenzioni come il presidenziale, un medaglione a base di cioccolato e ricotta.

Sapori inattesi che hanno un enorme successo, grazie anche ad una spiccata capacità imprenditoriale: “Mio padre portò l’azienda a vertici altissimi, forniva i maggiori alberghi e strutture per cerimonie. E in 40 anni di attività pensò anche ad un restyling, reinventando il nostro marchio con il logo con la corona che ancora oggi ci distingue”.

Ma attenzione a non confondersi: “di Scaturchio originale ce n’è solo uno, con sede nella Pignasecca; noi siamo gli unici che proseguono la tradizione, preparando ancora i dolci con gli ingredienti che ci sono stati tramandati”. Segreti di famiglia, gelosamente custoditi e svelati (in parte) solo ai più fortunati: “La pastiera è dosata come se fosse fatta in casa – spiega Armando Scaturchio. Non c’è niente di industriale, a partire dalla ricotta, che è di prima scelta, e dal latte: noi usiamo quello nobile, un presidio slow food proveniente dal beneventano, dove le mucche sono nutrite solo con erba e munte a mano. Il grano poi, non è di quelli precotti, ma cuoce lentamente nello strutto, nel latte e nell’arancia, per diventare un tutt’uno, da rimestare lentamente come il ragù napoletano. Il risultato è una torta cremosa, molto diversa da quelle “pizze di grano”, che sempre più spesso si trovano in giro.

Preparazioni meticolose, attente, e la pasticceria nel sangue: “Sono sempre stato figlio d’arte, perfino quando andavo a scuola vendevo le pizzette, fatte in laboratorio con i miei genitori”, dice divertito Armando Scaturchio che dal padre eredita anche il dono della teatralità, tipicamente partenopea: “Lui era noto anche come attore, non vendeva una sfogliata normalmente ma sempre facendo teatro, con battute e barzellette proprio come faccio io. È da questa consuetudine che ho avuto l’idea di unire cibo e spettacolo”.

Armando Scaturchio mescola gli ingredienti del fare pasticceria e, come suo padre e suo nonno prima di lui, reinventa il mestiere: “Oggi la gente vuole vedere come cucini e per questo  mi esibisco per i clienti, preparando le sfogliatelle di fronte alle persone, questo per mostrare non solo la qualità dei nostri prodotti, ma anche l’artigianalità, puntando sull’innovazione. Sto ideando infatti una linea finger food e un’altra di bevande centrifugate abbinate al dolce, con all’interno la crema. Voglio portare i nostri profumi ovunque”.

Golosi accorrete, odorate gli aromi, scoprite i sapori, magari davanti una tazza bollente (così rigorosamente vuole l’usanza) di caffè: “Mio nonno aveva una torrefazione, in seguito ci siamo affidati al marchio Tico per 25 anni, un’azienda che lavora a livello artigianale. Io voglio però tornare al classico, comprando il caffè crudo e tostarlo al momento, così si ottiene una fragranza unica e si possono personalizzare le miscele. Dico sempre che non c’è nulla di meglio di un buon cornetto accompagnato da un buon caffè”. Impastando esperienze, essenze e nuove ispirazioni, Armando Scaturchio guarda al futuro: “Continuerò con i miei figli, Ornella e Pasquale”.Una strada già illuminata da delicatezze e soffici bontà.

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